domenica 20 novembre 2011


“TORNA A CASA”

Ciao mondo
Spero che tu stia ascoltando
Perdonami se sono giovane
E parlo senza usare mezzi termini
C’è qualcuno che ho perso
Penso che si tratti
Della mezza parte migliore di me
Stanno al loro posto cercando di risolvere le cose
Ma io sono stanco di giustificare
Così ti dico...

Torna a casa
Torna a casa
Perché ti ho aspettato per
Così tanto tempo 
Così tanto tempo
E proprio adesso c’è una guerra fra le vanità
Ma tutto ciò che vedo siamo tu ed io
La battaglia per averti è
L’unica cosa che abbia mai conosciuto
Quindi torna a casa

Mi sono perso nella bellezza
Di tutto ciò che ho visto
Il mondo non è cattivo nemmeno la metà
Di come lo dipingono
Se tutti i figli
Se tutte le figlie
Finissero di imbrogliarlo
Forse l’odio si fermerebbe
E l’amore potrebbe iniziare
Potrebbe cominciare ora
Bene, forse sto solo sognando ad occhi aperti
Fino ad allora...

Torna a casa
Torna a casa
Perché ti ho aspettato per
Così tanto tempo
E proprio adesso c’è una guerra fra le vanità
Ma tutto ciò che vedo siamo tu ed io
La battaglia per averti è
L’unica cosa che abbia mai conosciuto
Quindi torna a casa

Tutto quello che non posso essere
È tutto quello che tu dovresti essere
E questa è la ragione per cui ho bisogno di te qui
Tutto quello che non posso essere
È tutto quello che tu dovresti essere
E questa è la ragione per cui ho bisogno di te qui
Allora ascolta questo adesso

Torna a casa
Torna a casa
Perché ti ho aspettato per
Così tanto tempo
E proprio adesso c’è una guerra fra le vanità
Ma tutto ciò che vedo siamo tu ed io
La battaglia per averti è
L’unica cosa che abbia mai conosciuto
Quindi torna a casa, torna a casa


Leona Lewis - Broken

Tu puoi prendere tutto il mio amore,
di cosa ne ho bisogno?
Puoi prenderti tutte queste parole, non hanno più significato.
Puoi prenderti tutto, lasciami mentire sul pavimento
Tutti i mi dispiace, non possiamo tornare indietro all’inizio
Non puoi aggiustarmi, sono a pezzi.

Voglio scappare dall’amore, questa volta ne ho avuto abbastanza
Ogni volta sento di rompermi al tuo tocco
Totalmente in frantumi, mai avevo pensato di cadere così in basso
Sto rimettendo insieme il mio cuore, che è rotto

Puoi prenderti queste fotografie, le guardo svanire
Puoi buttare tutte queste lettere, non mi importa di cosa diranno
Tutti questi mi dispiace, ci sono un milione di ragioni perché
non mi fai stare meglio, nemmeno ci provi

Voglio scappare dall’amore, questa volta ne ho avuto abbastanza
Ogni volta sento di rompermi al tuo tocco
Totalmente in frantumi, mai avevo pensato di cadere così in basso
Sto rimettendo insieme il mio cuore, che è rotto

So che ci vorrà del tempo per realizzare finalmente
Che non mi è rimasto niente dentro
niente da nascondere.
Totalmente in frantumi, mai avevo pensato di cadere così in basso
Sto rimettendo insieme il mio cuore, insieme ora, sono a pezzi.
Sono a pezzi
Salvami
Salva
Sono a pezzi

lunedì 26 settembre 2011

STORY- MELANIE :) CAPITOLO 2


Ecco il secondo capitolo della storia di Melanie ..... sono consapevole che è un pò lungo, mi spiace, spero comunque che vi piaccia. :)

Capitolo 2

Esco di casa che sono le otto.  Fuori è già buio e le luci dei lampioni rischiara i marciapiedi agli angoli della strada.
Vivo in un piccolo paese fuori città come Darwin ed Alisa. Molti di noi devono viaggiare  in pullman ogni giorno per andare a scuola visto che nei paesi non ci sono licei.
Non mi è mai dispiaciuto vivere così, lontano dal traffico soffocante e dalla confusione che riempie l’aria delle grandi città. Nel mio paese c’è calma, silenzio e pace. Conosco il nome e l’albero genealogico di ogni singolo concittadino e loro conoscono il mio. La sera ho la certezza di poter attraversare qualunque strada di questo paese senza correre alcun pericolo.
La giornata è passata più lentamente di quanto avesse creduto possibile, ma tutto sommato sono piuttosto soddisfatta di come è andata. Certo, mi dispiace per aver perso l’amicizia di Darla. Eravamo amiche da prima del liceo, quando si era trasferita da un'altra città, ma ormai da diverso tempo ci eravamo allontanate l’una dall’altra .
Questa mattina, quando l’ho incontrata, ho avuto la sensazione che volesse dirmi qualcosa, forse spiegarmi cosa ci avesse realmente separato. Secondo mia madre voleva solo esprimere la sua solidarietà per ciò che ci è capitato. Io credo che volesse dirmi qualcosa di più, ma forse mi sto solo illudendo che Darla provi ancora interesse per me.
Una follata di vento gelido mi scompiglia i lunghi capelli, mentre passo davanti a una fila di case a due piani con il giardino. Sbuffando cerco di toglierli dagli occhi.
La strada è deserta anche se le luci delle case sono accese e in lontananza si sente il rumore di una serranda che viene chiusa. Non c’è traffico a quest’ora, ma in lontananza si sente il ronzio delle macchine che passano. Giro l’angolo verso il parco dove si trova la casa di Darwin. A quel punto sento dei passi alle mie spalle.
Il mio cuore accelera il suo battito. Riconosco la famigliare morsa che mi stringe il petto quando ho la sensazione che qualcosa di brutto debba succedere. Lentamente mi volto cercando di farlo sembrare un gesto spontaneo, quasi avessi sentito qualcuno chiamarmi. Alle mie spalle scorgo due figure longilinee che camminano in silenzio.
Continuo a camminare cercando di non farmi prendere dal panico. Sono piuttosto nervosa ultimamente e c’è sempre la possibilità che mi stia sbagliando. La morsa però si fa più stretta e quasi involontariamente mi volto a guardare alle mie spalle. Le due figure sono più vicine adesso e anche il loro passo è accelerato rispetto a poco fa.
La strada mi sembra più buia adesso e la mia certezza che non possano esserci pericoli in un paesino come questo non è più così salda. Inizio a correre infilandomi in una via secondaria senza smettere di controllare se vengo inseguita.
Dopo poco la strada è di nuovo deserta.
Mi fermo con il fiatone e il cuore che batte furiosamente <<Che stupida>> mi dico <<Non mi stavano seguendo>>. Eppure c’era qualcosa di strano nel modo in cui camminavano, senza parlare. Scuotendo la testa recupero un po’ di calma e  mi volto per riprendere la strada intenzionata a non tornare indietro.
La prima cosa che vedo sono due occhi turchesi che mi scrutano da distanza ravvicinata. Un grido risuona nel aria prima ancora che mi renda conto che sono io ad averlo prodotto. Indietreggio rischiando di perdere l’equilibrio e cadere e metto a fuoco un ragazzo alto e snello che mi sorride divertito.
<<Aspetta>> dice allungando una mano per trattenermi. Vado a sbattere contro qualcosa e una dolorosa scossa di energia mi attraversa annebbiandomi la vista.
Alle mie spalle c’è un altro ragazzo, anche lui alto e magro; i suoi occhi verdi come foglie appena nate mi scrutano privi di emozione.
<<Non volevamo spaventarti. Sembravi confusa … tutto bene?>> dice con voce bassa e disinteressata. Mi sento tutta dolorante, l’energia che mi pulsa dentro con forza e la gola serrata da una morsa ferrea che non mi permette di parlare. Tutto quello che sento di poter fare è fuggire. I volti dei due ragazzi sono pressoché identici e la loro semplice presenza risuona come una minaccia dentro di me. Le mie gambe si muovono da sole, il mio corpo e la mia mente si rifiutano di rispondere al mio controllo e agisco in base a una volontà non mia.
Percorro tutta la strada fino a casa di Darwin senza fermarmi e senza osare guardarmi alle spalle. Non riesco a sentire oltre i battiti forsennati del mio cuore, del suono disperato dei miei passi e il bruciare intenso della gola al passaggio dell’aria assorbe tutta la mia concentrazione.
Arrivo al parco e mi dirigo verso le case che lo circondano. Spalanco il cancello della casa di Darwin con un gran fracasso, tanto che il vecchio gatto che da anni dorme sul muretto della casa si sveglia miagolando indignato. Busso freneticamente alla porta guardandomi indietro e anche se non vedo niente, non riesco a tranquillizzarmi.
Darwin apre la porta sorpreso <<Eccomi, non c’è bisogno di …>>. Non gli lascio finire la frase che sono nelle sue braccia. <<Qualcuno mi stava seguendo! Due ragazzi. Oddio erano dietro di me e non mi lasciavano>> ansimo. Darwin mi guarda dall’alto, allunga il collo per vedere fuori <<Resta qua>> dice uscendo in ciabatte sul marciapiede e scrutando la strada in entrambe le direzioni.
Darwin è molto alto, all’incirca un metro e settanta e anche se non è molto muscoloso è più robusto dei ragazzi che mi seguivano, o almeno mi sembra. Ritorna scuotendo la testa, i capelli scuri scompigliati come se si fosse appena svegliato <<Non c’è nessuno in strada. Sei sicura che ti seguissero?>>
Non mi ero accorta di tremare, ma quando Darwin mi poggia le mani sulle spalle capisco che è così. Il ragazzo dagli occhi verdi aveva detto qualcosa, non riesco a ricordare bene cosa, ma ora comincio a credere di aver esagerato. Come avevano fatto ad arrivare prima di me in quella strada se erano alle mie spalle?
<<Mi seguivano. Mi hanno anche fermata e avevano entrambi dei cappucci sulla testa … io …>> mi blocco. Non posso dirli della sensazione di pericolo. Conosco Darwin da tutta la vita e non c’è nulla che lui non sappia di me. E’ stato al mio fianco anche durante questo mese terribile. Eppure nonostante tutto ciò che condividiamo non gli ho mai detto delle strane sensazioni che provo, anche se credo sospetti qualcosa.
Vedendomi tacere, Darwin mi da un buffetto affettuoso sulla guancia <<Okay. Comunque credo che tu gli abbia seminati perché là fuori non c’è nessuno. Quindi smetti di piangere ed entriamo>>.
L’ho guardo sorpresa, sfregandomi la guancia con la mano cancello le lacrime che non mi ero accorta di aver versato, Ho avuto tanta paura da non accorgermi di nient’altro.
Imbarazzata entro in casa. Non serve che mi indichi dov’è il bagno, conosco questa casa quanto la mia. Quando l’ho raggiungo nella sua camera sta giocando a play. Darwin è un appassionato di videogiochi oltre che di sport e manga. La sua camera è piena di scafali di manga e giochi per pc, wii e play, tanto che molti sono accatastati per terra. I muri sono ricoperti da poster raffiguranti giocatori di football o personaggi di anime giapponesi.
<<Alisa sta arrivando con le pizze>> annuncia seguendo con il joystick il movimenti del personaggio nello schermo.  Mi siedo al suo fianco incrociando le gambe <<Bene. Sei sicuro che i tuoi non protesteranno per la nostra presenza?>>   
<<Certo che no. Non ci sono nemmeno e non torneranno prima dell’una o due di notte. Possiamo fare quello che vogliamo, compreso organizzare una festa stile American Pie>>.
Prendo il joystick e inizio a giocare con Darwin in attesa dell’arrivo di Alisa. Un ora dopo arriva con le pizze calde e una scatola di birre.
<<Hai per caso visto qualcosa di strano fuori?>> chiede Darwin sistemando tutto sul tappeto e sedendo in circolo con noi. Prese un pezzo della sua pizza preferita con il doppio strato di mozzarella filante. Alisa riflette un attimo <<No, perché?>>
<<Mel era certa di essere pedinata>>
<<Io ero pedinata>> replico prontamente. Darwin mi lancia un occhiata che dice chiaramente che non ci crede, prima di aggiungere <<Ho sentito che quando si è sotto pressione è normale avere allucinazioni>>.
<<Nessuno ha allucinazioni a parte te spilungone>> dice Alisa con una smorfia e poi facendomi l’occhiolino. Le sorrido riconoscente. Non siamo amiche da tanto tempo come con Darwin, ma il nostro legame è comunque molto saldo. Si è trasferita in un paese qui vicino quasi tre anni con i suoi genitori. Alisa ha gli occhi nocciola di sua madre e il suo stesso viso delicato, ma ha ereditato i ricci capelli scuri del padre di colore.
Darwin stappa una bottiglia di birra e la solleva fra noi <<Allora, visto che siamo in vena di complicità, propongo un brindisi per la nostra riunione dopo tanto tempo, qui, stasera, dopo quello che è stato un mese lunghissimo>> annuncia sorridendo. Io e Alisa solleviamo le nostre birre imitandone il gesto solenne.
<<Oggi ricomincia la nostra tradizione di sfide a videogiochi, di bevute e di uscite. Soprattutto rinforziamo il nostro legame ancora una volta ed esorcizziamo il dolore e la sofferenza di questo mese!>> dice sorridendo fiducioso. Alisa si sporge in avanti con gli occhi scintillanti <<Non scordare che noi ci siamo per te, Mel. Qualunque cosa succeda dobbiamo sempre stare insieme>>.
Brindiamo e beviamo un lungo sorso, sollevata di avere un sostegno simile dalla mia parte.
<<Avete pensato a come vestirvi al ballo?>>chiede senza preavviso Alisa. Sussulto confusa. Il ballo. Certo, mi ero scordata del ballo di Halloween. Fino all’anno scorso ero a capo dell’organizzazione eventi della scuola, ma dopo i recenti sviluppi mi resi conto di non avere alcuna voglia di parteciparvi.
Ogni anno io e Darla ci sfidavamo per vedere chi di noi avrebbe indossato il migliore costume, adesso che non eravamo più amiche non aveva senso concentrarsi tanto sulla scelta di un costume fantastico.
<<Io non dico nulla. Sarà una sorpresa>> esordisce Darwin poggiandosi al suo letto con l’aria di chi sa quel che fa. Per nulla soddisfatta, Alisa prende un altro boccone di pizza e chiarisce <<Io so cosa sarò. Ho deciso mesi fa ed è fantastico>>
<<Una nana? Perché nel caso hai la mia approvazione. Staresti molto bene come nanetta>> . A volte, quando ha questi momenti d’infantile eccitazione, mi ricorda terribilmente la mia sorellina, Elena che ha cinque anni.
<<Mi sembra un buon costume>> dico accondiscende.
<<E tu da cosa ti vesti?>>
<<Non lo so. Forse non vengo. E’ troppo tardi per aiutare a organizzare e poi non ho un costume per la festa … ne un accompagnatore>> spiego giocando con una ciocca dei miei lunghissimi capelli scuri. Darwin inarca entrambe le sopracciglia <<Che problema c’è, ci sono io a farti d’accompagnatore. E per quanto riguarda il vestito … sei un tipo creativo e ti verrà in mente qualcosa>>.
<<Ma tu non odiavi queste feste?>> chiede Alisa sorpresa. <<Si>> conferma Darwin <<Ma verrò lo stesso>> i suoi occhi cercano i miei. Lo vedo cercare disperatamente di sorreggere il mio sguardo per più di tre secondi, ma per quanto ci provi finisce comunque per abbassarlo con un senso di delusione. Da quando ho memoria solo una persona ha saputo guardarmi negli occhi senza sentire il bisogno di distogliere lo sguardo.
<<So quanto tu, Melanie, adori queste cose. Ti farò compagnia>> dice piano. Lo ringrazio e in silenzio finiamo di mangiare per poi tornare a giocare e ridere. Non parliamo di nulla d’importante o di sensato ne nessuno di noi fa più parola dei ragazzi che mi hanno seguito.
A mezzanotte io e Alisa prendiamo i cappotti e salutiamo Darwin prima di andarcene.
La macchina di Alisa è parcheggiata proprio davanti al cancello nero della casa del nostro amico. E’ un vecchio pick-up arrugginito che si è guadagnata lavorando part-time in un bar. Nonostante le dica sempre che è un cartoccio ne va talmente fiera da averli dato un nome: Beck.
Esito sul marciapiede guardando le poche macchine che attraversano la strada poco illuminata a tarda notte. Le loro risate risuonano nell’aria con l’abbaiare di qualche cane. Il vecchio gatto che da anni dorme sul muretto della casa di Darwin non mi degna nemmeno di uno sguardo.
<<Aly?>> chiamo dopo un attimo di esitazione. Lei si ferma con lo sportello aperto e l’aria interrogativa <<Si?>>.
<<Mi dai un passaggio a casa?>>.
Alisa si volta per guardarmi meglio, sorpresa dalla mia domanda. Non ho mai accettato nemmeno uno dei passaggi che mi ha offerto da casa di Darwin alla mia. Mi è sempre sembrato sciocco venire accompagnata da qualcuno per le vie del mio paese solo perché era notte. Sin da piccola ho sempre avuto fiducia che nella notte nulla potesse farmi del male o spaventarmi. Forse sono stata l’unica bambina che non ha mai pensato di trovare un mostro sotto il suo letto o dentro l’armadio, l’unica ha non avere mai paura dell’oscurità.
Oggi però è diverso. Ho paura. Irrazionalmente penso di poter trovare qualche mostro nelle ombre della strada o forse d’incontrare ancora quei due ragazzi.
Ripresasi dal momento di stupore mi sorride <<Ma certo. Vieni, non mi costa nulla>>.
Senza aggiungere altro salgo nel posto del passeggero con un senso di profonda inquietudine dentro. 

martedì 20 settembre 2011

BUIO- ELANA P. MELODIA

Elena P. Melodia è una delle poche scrittrici di urban fantasy dell'italia. Questo genere che molto usato dagli scrittori stranieri è davvero poco conosciuto in Italia. Tanto per chiarirci: l'urban-fantasy fa si parte del fantasy ma è ambientato nella nostra realtà, ovvero nel XXI secolo.
Detto questo, personalmente ho trovato la scrittura della Melodia molto coinvolgente e appassionante *_*

Elena P. Melodia è nata a Verona nel 74 e vive con i suoi due cani. E' laureata in lettere con indirizzo classico. Prima di decidere di scrivere il suo primo romanzo ha lavorato come archeologa medievalista e poi nella redazione di una grande casa editrice dove si è occupata di narrativa per ragazzi.

Buiohttp://images.google.it/imgres?q=buoi+elena+p+melodia&hl=it&biw=1366&bih=667&gbv=2&tbm=isch&tbnid=IvYYVa3BzpBY8M:&imgrefurl=http://www.booksblog.it/post/5291/buio-my-land-di-elena-p-melodia-thriller-soprannaturale-per-una-trilogia-tutta-italiana&docid=wSpor65_eu18FM&w=280&h=409&ei=_vl4TuLCD-vTiAKr7q2uDw&zoom=1

CAPELLI DANNEGGIATI

Oggi mi sento molto in vena di salute e benessere:)
Poichè è importante essere sempre al top per ognuno di noi, voglio trattare un altro problema che hanno in molti................... i capelli danneggiati.
Lo so, è un cruccio terribile per molti che ti costringe a tagliare i capelli in maniera maniacale per eliminare le doppie punte, ma fortunatamente esiste una maschera fatta in casa anche per questo!
Ecco la ricetta :)



Ingredienti:
• 2 mele
• 1 banana
• 2 cucchiai di miele
Frullare la mela e la banana, aggiungere il miele e mescolare bene il composto. Dopo aver lavato i capelli col nostro abituale shampoo, distribuire su tutta la capigliatura e lasciare agire per circa 20 minuti, non di più perché sennò il composto si indurisce troppo. Risciacquare abbondantemente e procedere alla piega. La mela rinforza i capelli fragili e idrata, la banana nutre e rende la chioma lucida e sana, il miele è emolliente e lucida i capelli.





FONTE: http://gloriettam.blogspot.com/

LE BRUTTE ABITUDINI CON IL TRUCCO

Vorrei far presente che noi ragazze a volte abbiamo la brutta abitudine di truccarci pesantemente e poi non struccarci con cura perchè magari siamo stanche o non ne abbiamo voglia. Il problema è che questa è una pessima abitudine che danneggia la nostra pelle. Questa è solo una delle tante....
Ecco l'elenco delle 4 cattive abitudini delle ragazze con il make-up:)

1)Andare a dormire senza struccarsi: significa portare a letto tutta la sporcizia accumulata sul volto: oltre a Fondotinta, Ombretto e Mascara dovete ricordarvi che sul vostro viso si accumula anche il sebo in eccesso prodotto dalla pelle, oltre ovviamente alla polvere dell'ambiente esterno.
Non struccarsi prima di andare a letto può causare pori occlusi, brufoli sotto pelle e leggere irritazioni agli occhi, soprattutto se molto truccati.
Per ovviare al problema sarà sufficiente tenere sul comodino un pacchetto di salviette struccanti da usare nelle serate in cui tornate a casa tardi e vi sentite troppo stanche per la solita routine di cura del viso serale.
2)Tenere i trucchi nel bagno significa rischiare che i prodotti scadano prima del tempo e che i batteri possano infiltrarsi nei vostri fondotinta, ombretti etc.
Il bagno è un ambiente umido a causa del vapore e della condensa che si formano ogni volta che fate la doccia, cercate quindi di tenere tutti i vostri trucchi in camera o comunque in un ambiente fresco e asciutto.
3)Chi usa quotidianamente i pennelli da make-up per applicare Fondotinta e ombretti di solito tende a utilizzare un brush cleanser senza risciacquo ogni volta che li usa e, una volta ogni due settimane, prevede un vero e proprio shampoo ai pennelli.Cercate di lavarli almeno una volta a settimana: utilizzate uno shampoo delicato (tipo quelli per bambini) e lasciate i pennelli ad asciugare all'aria tutta notte.
4)La scadenza dei prodotti,la durata dei prodotti varia da 6m a 24m dall'apertura. Se notate cambiamenti nella texture buttatelo subito!


FONTE: http://gloriettam.blogspot.com/

STORY :) - MELANIE - CAPITOLO 1

Allora questo capitolo lo scritto io, COMMENTATE!!


Capitolo 1

E’ difficile ricominciare quando il tuo mondo è a pezzi e la realtà non sembra più così reale. Fino a un mese prima mi sentivo forte e dinamica, piena di ispirazione e sogni. Sapevo chi ero, sapevo cosa volevo ed ero qualcuno. Ora non so più nulla.
Non so chi sono ne dove sto andando. Tutto intorno a me sembra correre veloce mentre io resto indietro. Fa male ricominciare. Provoca un dolore soffocante e incessante che dilania dall’interno senza lasciare scampo …

<<Melanie?>> la voce di mia madre interrompe il filo dei miei pensieri. Poggio la penna e mi volto. E’ sulla soglia della mia stanza già vestita per il lavoro <<E’ ora>> anche se accenna un sorriso incoraggiante riconosco la tristezza che gli oscura il volto come una terribile ombra che non vuole lasciarla. Non posso credere che sia già passato un mese dal mio sedicesimo compleanno e che è giunta l’ora di andare avanti.
<<Si, mam. Arrivo subito>>.
Mia madre si chiama Lavinia e ha quarantasette anni. E’ molto bella per la sua età e io non le assomiglio nemmeno un po’. Si muove sempre con grazie dimostrando una straordinaria femminilità. Indossa sempre qualche nastro colorato fra i capelli boccolosi e brillanti occhi azzurri che sprizzano d’intelligenza. <<So che è stato un mese davvero duro per la nostra famiglia … ma vorrei che tu sapessi che l’ho supereremmo. Non possiamo mettere in pausa le nostre vite, non è quello che vostro padre vorrebbe. Perciò … se hai bisogno di qualcosa, se vuoi parlare o di …>> s’interrompe tormentandosi le mani. Mi alzo <<Sto bene, dico davvero. So di aver reagito male in questo periodo, ma ora sto meglio. E andrà tutto bene, promesso>> la rassicuro stampandomi in faccia il sorriso più rassicurante che possiedo.
E’ stato un mese difficile per tutta la mia famiglia e l’ultima cosa che voglio è far preoccupare ulteriormente mia madre.
Risponde al mio sorriso con uno suo, che esprime tutto il suo sollievo <<Bene!>> dice con voce più allegra <<Allora, sbrigati che Michael ti sta aspettando in cucina. Finirà per farti andare a piedi se li fai fare tardi a lavoro>>.
Annuisco prendendo il giubbotto e la tracolla piena di libri e quaderni . <<Ci vediamo a cena, mam>> dico abbracciandola. Le sue braccia mi trattengono allungo riluttanti a lasciarmi andare. Corsi giù dalle scale cercando di raggiungere Michael che superava la porta principale spazientito.
<<Melanie, aspetta>> la nonna mi ferma proprio sulla soglia venendo dalla cucina con il suo passo stentato <<Ho una cosa per te, dolce Nie>> dice facendomi segno di seguirla. <<Sono in ritardo>> dico provando a svignarmela. La nonna scuote la testa e mi fa, ancora una volta, segno di seguirla <<Michael aspetterà ancora qualche minuto>>.  Rassegnata la seguo in soggiorno.
La nostra casa è molto vecchia, la nonna ci è nata fra questa mura come del resto ci è nata la mamma, io e i miei fratelli. Non c’è un solo segreto di questa abitazione che la nonna non conosca, soprattutto i cassetti segreti che usa per nascondere i suoi “tesori” come ama chiamarli lei. Da uno di questi all’angolo del camino estrae una scatolina.
<<Questo è un potente amuleto. Al suo interno c’è una pietra con la capacità di scacciare la negatività. Ti proteggerà>> spiega mostrandomi un bracciale di cuoio intrecciato. Sembrava essere davvero vecchio, forse quanto la nonna, ma proprio questo lo rendeva incantevole. L’ho leggo al mio polso destro con le dita candide <<Non toglierlo mai.>> sorride guardandomi in volto senza soffermarsi sui miei occhi <<Scoprirai quanta forza possiede>>.
Soprafatta da un moto d’affetto e commozione per tanta preoccupazione desiderai potermi fermare ad abbracciarla. Michael entra in quel momento spazientito <<E’ la tua ultima possibilità>> dice serio. Mi affrettai a correre in macchina e prima di salire lancio un occhiata incerta al bracciale. E’ tipico della nonna credere alle vecchie superstizioni, molti le giudicavano come assurdità di una vecchia egocentrica ormai partita di testa. Io no. Per quanto avessi provato ad adattarmi alla realtà che le magie non erano reali, non potevo frenare l’irresistibile fascino che esercitavano su di me, soprattutto sugli oggetti antichi. Nascosi il bracciale sotto la manica del giubbotto non del tutto certa che potessi essere protetta da ciò che mi aspettava.

E’ la prima volta che vado a scuola da quando è successo il fatto. Ancora adesso non so come devo definirla: incidente, catastrofe, attentato, tragedia, disgrazia … sembrano tutti termini inadeguati.
Nonostante sia passato un mese non ho ancora superato il fatto, anche se il resto del mondo si aspetta che io l’abbia fatto. Un mese doveva bastare per ricomporre la propria esistenza e procedere con la propria vita.
E’ l’unica cosa che il mondo si aspetta venga fatto in questi casi. Infondo, non ci si può aspettare nient’altro da un mondo di consumismo e menefreghismo.
Per questo sono tornata. Devo mantenere un contegno se non voglio perdere il mio posto nel mondo, anche se questo significa tornare in una scuola povera e con degli insegnanti che sono dei relitti della vita. L’unica cosa buona di questa scuola è la palestra che in origine era un magazzino, riabilitata a edificio sportivo quando la fabbrica connessa bruciò nel ’57 e si decise di sostituirla con una scuola superiore.
Mio fratello Michael ha studiato in questa scuola prima di me. Era uno dei ragazzi di spicco con una consistente borsa di studio per lo sport. Quarterback della squadra di football della scuola, ragazzo della reginetta della scuola e idolo dei tifosi. Era stato rinominato Brooks il leone per la grinta con il quale si faceva strada fino alla meta  e per i suoi capelli castano dorato ereditati da nostro padre.
Io che sono sua sorella ho raggiunto la fama solo dopo il suo diploma. Ora se cammino per i corridoi nessuno mi vede più come la sorellina di Michael, ma come la regina della scuola o almeno così era prima del mio sedicesimo compleanno.
Camminando per i corridoi mi rendo conto che intorno a me tutto sembra regolare, nessun gesto inconsueto e nessuna stranezza . Il tempo sembra quasi essersi fermato anche se dentro di me è scorso veloce.
Fino all’anno prima ero Melanie Brooks la reginetta della scuola. La più ricercata, ammirata della scuola, il suo cuore pulsante. Ero la migliore amica di Darla e al suo fianco dominavo incontrastata su tutto.
Ora però non mi sento più quella persona. Al solo pensare com’ero provo disgusto per me stessa e per ciò che ho fatto per tanti anni. Mi sento talmente cambiata da non sapere più chi sono.
<<Ciao Melanie. Bentornata>> mi saluta freddamente Sherley. Sfoderando un sorriso quanto meno cortese, ricambio il saluto. <<Ti trovo bene per essere una che ha perso un intero mese di scuola>>.
<<Ho avuto dei problemi famigliari, Sherley. Ma ora sto bene e sono tornata. Cosa mi sono persa?>>
<<Solo che non comandi più>> risponde con una nota di soddisfazione nella voce acuta. Stordita mi guardo attorno. Mi stanno guardando come hanno sempre fatto, nessuno di loro sembra essere in imbarazzo per qualcosa.
<<Non capisco. Cosa intendi?>>
Sherley si avvicina con un lampo di vittoria negli occhi <<Sto dicendo che mentre tu non c’eri, la gerarchia è stata riscritta e tu sei rimasta fuori. Hai fatto una cosa davvero sciocca quando hai sedotto il ragazzo che piaceva a Darla e ora lei comanda e tu sei fuori.>>
Sussulto ferita. Ora capisco. Certo. Darla è orgogliosa e autoritaria, ama comandare e ancora di più ferire. Non era così una volta, ma avevo notato questo suo cambiamento già prima che tutto succedesse. Non mi sorpresi più di tanto perciò di aver perso il mio ruolo di regina, una parte di me ne fu sollevata. Sapevo che in questo momento non ne ero all’altezza. Tuttavia, sapere di aver perso la mia migliore amica per una scommessa fatta a una festa mi fece male.
<<Hai capito? Sei rimasta sola. Non fai più parte del gruppo e sei relegata ai gradini più basi della gerarchia>> insistette malignamente.
Irrigidì lievemente il corpo e accennai un segno di approvazione <<Bene. Darla mi ha preceduto sul tempo, volevo proprio dirvi che rinunciavo alla corona. Sono indietro con la scuola e non ho il tempo necessario a fare la reginetta. Darla sarà fantastica e se l’incontri dille che mi congratulo e che era stato per scommessa che ho baciato Jimmy>>.
 Riesco ad ottenere un tono convincente e sicuro, anche se sento le lacrime che mi pungono gli occhi. Sono contenta che nessuno riesca a guardarmi negli occhi, di avere questo sguardo dannatamente intenso che nessuno sopporta di incrociare. E’ più facile mentire quando gli occhi non ti tradiscono.
Sherley sgrana gli occhi e ammutolisce, dandomi così la possibilità di allontanarmi da lei senza dover aggiungere altro.
Sono così demoralizzata che vorrei poter tornare a casa e dimenticare tutto, ma ovviamente non posso sfuggire e così passo la mattinata sotto il mirino della Corte scolastica con le battutine e i dispetti. L’unica persona che mi rimane alla fine è Alisa. Veniamo dallo stesso paesino fuori città e la conosco dal primo anno di liceo. Si è trasferita da un altro paese e abbiamo sviluppato una sorta di simbiosi. Lei e Darwin sono i miei più cari amici e non gli è mai importato di che ruolo gerarchico possedessi o che patrimonio avessi alle spalle. Provai una pura ventata di sollievo quando all’intervallo incontrai Alisa nel cortile della scuola, tanto da scoppiare in lacrime.
<<Vedrai che tutto andrà bene. Se ti demoralizzi poi è peggio. Devi essere forte, Mel. Manda a farsi fottere il resto del mondo!>> mi consolò con decisione. <<Si, hai ragione. Devo solo abituarmi a tutto questo. Infondo sapevo già di non esserne più in grado>> devo ammettere a malincuore.
Sfioro con le dita il bracciale della nonna per la prima volta dalla mattina. Una scossa mi attraversa la pelle accompagnata da un lieve pulsare. Osservandolo meglio, mi rendo conto che il cuoio è lievemente crepato di lato. Rivela il color pesca di una pietra custodita gelosamente al suo interno. La tocco ancora sorpresa. La nonna aveva detto che avrebbe tenuto lontano la negatività, evidentemente si era sbagliata o la gemma non funzionava. La scossa si ripete nuovamente come se al suo interno ci fosse davvero dell’energia repressa e mentre lo pensavo mi sentì più fiduciosa.